A partire dal 12 ottobre, Codeczombie ha reso disponibile la sua ultima crezione artistica: Saber Cuts. Si tratta di una nuova scultura tridimensionale che omaggia la saga di Star Wars da un punto di vista davvero originale e unico.
Lo abbiamo contattato per fargli qualche domanda.
Ciao Alessandro… o meglio CodecZombie. Grazie di aver accettato di essere intervistato da EmpiRa.
Ciao EmpiRa, grazie a voi.
Per prima cosa vorremmo sapere qualcosa su di te: quando nasci artisticamente? Quale è stato il percorso che ti ha portato ad oggi?
Artisticamente mi sembra una parola grossa, diciamo che sono partito dai fumetti a fine anni ’80, poi graffiti inizio anni ’90, a seguire computer a metà anni ’90 e da lì in poi il resto, tra grafica e illustrazione, considerando il capitolo fumetto un fallimento totale.
E alla fine sei arrivato alla creazione di personaggi tridimensionali. Perchè questa scelta?
La scultura è sempre stata quella “passione nel cassetto”, di tanto in tanto mi ci mettevo con plastiline varie cercando materiali che mi permettessero di lavorare in un ambiente più “domestico”, senza dover per forza avere un laboratorio per via dello sporco che si genera con i classici materiali per la scultura (creta, gesso etc).
Ad un certo punto mi sono ipersaturato della grafica (che faccio come lavoro) al livello da farmi venire l’angoscia tutte le volte che mi arrivava una commissione, allora ho deciso che fosse giunto il momento e abbandonato un po’ alla volta i clienti minori, tenendo quelli maggiori e riuscendo, così, ad avere più tempo da dedicare a questo progetto che, per ora, sta andando molto meglio del previsto, anche se non ci voleva molto, dato che prevedevo una tragedia totale.
Cerchiamo di capire meglio il processo per realizzare le tue opere, non si tratta di una semplice stampa in 3D, giusto?
Esatto.
Il “concept” nasce sempre da una serie di schizzi 2D a mano, più che altro per capire i pesi e i volumi del soggetto, poi si passa alla modellazione.
Non nascendo modellatore 3D puro, mi sono sempre trovato malissimo con i SW (software, non Star Wars) di modellazione poligonale tipo Maya o 3D Studio Max, ad un certo punto, dopo anni a meditare su un flusso di lavoro decente “da scrivania” e non uscendone, ho provato un programma che simulava la creta/plastilina, tale Zbrush, pensando “OK, intanto con questo sbozzo i modelli, poi li rifaccio a mano con la plastilina, che è più semplice”.
Zbrush ha i suoi pro e i suoi contro, è digitale quindi non ti regala niente, tutto quello che fai deve essere una simulazione di quello che succederebbe con il materiale reale, alla fine penso di aver trovato il giusto compromesso, usando pochissimi strumenti base ed evitando le classiche funzioni da 3D poligonale in modo da simulare il più possibile quello che riuscirei ad ottenere con plastilina vera.
Nel mentre che imparavo ad usare questo SW per “allenarmi” con la modellazione, hanno cominciato ad uscire le prime stampanti 3D ad uso domestico, a sentire loro “miracolose”, così ho aspettato ancora un po’ facendo delle prove su un sito, ma la resa non era al livello sperato e in più non avevo il benchè minimo controllo sulla fase più delicata, quella del passaggio “dal virtuale al reale” (per dirla un po’ alla anni ’90), ho cercato info in giro e mi sono preso una stampante FDM (Ultimaker 2), pensando di usarla per creare il prototipo dal quale ricavare un calco per avere poi le varie copie in resina.
Purtroppo molti pensano che il tutto si esaurisca con la stampa 3D e/o che tutti i pezzi siano stampati in 3D, ma non è così, una volta uscito il prototipo (quasi sempre stampato in più pezzi per ovviare ai mille limiti della stampa 3D, che si guardano bene dal far vedere negli spot sensazionalistici) va assemblato e il procedimento per eliminare tutti gli artefatti della stampa è lento (per un modello alto 20cm, alla risoluzione minima decente per quello che faccio io, posso impiegare anche più di 20 ore) e parecchio problematico.
Primer, stucchi vari, carta vetrata, lime, di nuovo primer, parti da rifare con stucchi epossidici e così via fino a che non hai un prototipo senza difetti, il che può significare dai 3 ai 7 giorni di lavoro, in base alla complessità del modello, giorni nei quali mi chiedo se abbia senso continuare con ‘sta cosa della stampa 3D del prototipo.
A quel punto passi alla gomma siliconica per il calco e alle successive copie in resina che, a loro volta, andranno ripulite dalle sbavature e colorate ad aerografo e/o pennello.
Nel mentre si studia il packaging, dal blister alla grafica del cartoncino.
Con la stampante preparo anche la forma per il blister da termoformare, anche qui si applica il procedimento del prototipo solo che non si fa il calco e la copia in resina, ma si tiene direttamente quello stampato e sistemato.
Insomma, la fase della stampa 3D è marginale, importante, ma nel complesso , tra sì e no, un 15/20% di tutto il procedimento.
Che tipo di strumenti usi? Come hai scelto il materiale più idoneo?
Gli strumenti sono quelli classici da scultura e modellismo, lime, taglierini, plastiline, resine, siliconi, aerografo, pennelli etc etc.
I materiali più idonei li ho scelti guardando decine di tutorial online, tutto quello che so l’ho imparato cercando informazioni e procedure su internet.
Ho provato diversi materiali, anche in base a quello che si può trovare in Italia, a volte provo materiali diversi per capire se siano meglio o peggio, il criterio è sempre la resa finale e la tempistica che necessita il trattamento di quel materiale, in relazione anche al costo.
Molte volte è capitato che fosse meglio quello che stavo già usando rispetto al nuovo, ma il bello di questo lavoro sta anche in questo tipo di ricerca e nell’ottimizzazione delle fasi.
Quello che mi dà più soddisfazione di questo progetto è vedere tutti i pezzi in fila, finiti.
Ovviamente continuo a vederci i difetti e le parti migliorabili, ma ho davanti qualcosa di tangibile, che non sia solo un insieme di pixel su uno schermo, nel quale ho impiegato più o meno tutte le mie conoscenze acquisite nel tempo, la classica storia dell’unire tutti i punti.
L’idea del progetto da dove arriva? Prendi spunto dalla cultura nerd, dalla vita quotidiana o da entrambe le cose?
Dipende dal progetto, tendo a spaziare, quelle “dalla cultura nerd” sono quasi sempre commissionate, nel senso che mi vengono richieste da gallerie (una di San Francisco con la quale collaboro in maniera più costante e altre più sporadiche, comunque tutte fuori Italia, dato che in Italia non c’è molto mercato per questo genere di cose).
Comunque tendo a limitare molto questo approccio per dare la precedenza a soggetti miei che prendono spunto da un immaginario più surreale che non ha necessariamente a che fare con la vita quotidiana.
Il tuo ultimo progetto è ispirato alla saga di Guerre Stellari, come hai avuto l’idea?
Tanto tempo fa, in una galas… l’anno scorso, parlando con Roby (Rani n.d.r.) di un progetto per i 5 anni di EmpiRa, gli ho proposto di fare la mano mozzata di Luke, con blister e tutto, come se fosse un’action figure, parlandone gli ho chiesto quali altri arti fossero stati tagliati con la spada laser, per capire se magari ci fosse qualche arto più idoneo. Una cosa tira l’altra ed saltato fuori che erano parecchi, “potresti farli tutti!”, “perchè no?!”, ma cominciamo prima con la mano di Luke!
Però ad EmpiRa è sembrato un po’ troppo forte come concetto, così si è pensato ad altro. Così è rimasto un progetto nel cassetto, rispolverato quest’anno per il NYCC su richiesta della galleria di SF di cui sopra, che voleva qualcosa “in tema SW”, resta che questo toy è dedicato ad EmpiRa, come si può leggere dal QRcode che c’è sul retro.
Quanto tempo hai impiegato per disegnare il modello?
3 giorni circa, documentandomi su come fosse esattamente la spada laser di Luke in quella specifica scena anche con l’aiuto di Cello (Marcello Pernisa nd.r.), che ne possiede una ed un esperto della trilogia originale e in che posizione fosse la mano di Luke al momento del taglio, ho cercato di essere “100% movie accurate”, sempre nei limiti del mezzo, ho dovuto semplificare un po’ alcune parti della spada ma, date le dimensioni, non si nota troppo.
Quali sono state le difficoltà maggiori?
Colorare tutte le alette nere del “grip” sul manico della spada col pennello.
Le ho maledette tutte, una per una.
Raccontaci un aneddoto divertente che ti è capitato durante la produzione.
Il blister/cartoncino ha una discreta importanza nell’insieme del toy, preparo la grafica con l’illustrazione e le scritte varie, mando in stampa per come avevo fatto con “Kubrey” e arrivano i cartoncini da tagliare e assemblare.
Super sbattimento per un paio di giorni.
Nel frattempo mi ero fatto fare un paio di lenti bifocali su una montatura per riuscire a lavorare un po’ pi da vicino senza sforzare troppo la vista.
Bene.
Arrivano gli occhiali nuovi, me li metto, prendo in mano il cartoncino per cominciare ad assemblare tutto e DISASTRO TOTALE, noto che la grafica è sgranata, su Kubrey funzionava lo stesso perchè era poco pi grande della figura al suo interno ma qui è molto più preponderante.
Panico.
Non so come ma mi viene in mente uno stampatore vicino a Perugia col quale ho collaborato per altri lavori, lo contatto, fortunatamente iper disponibile e riesce a consegnarmi tutti i cartoncini stampati perfettamente e fustellati.
Ci scoliamo un amaro Montenegro al casello di Cesena e ci salutiamo.
Abbiamo letto che si tratta di una serie, puoi darci qualche anticipazione? Cosa dobbiamo aspettarci?
Se tutto va come deve andare, parti più splatter tipo il braccio di Ponda Baba e altre giganti tipo quello del Wampa, dato che tutti gli arti saranno in proporzione tra loro.
E qui si chiude la chiacchierata con Codeczombie, ma non è finita qui…