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The Bad Batch 3 – La recensione dei primi 3 episodi

The Bad Batch 3 è finalmente arrivata su Disney + per la gioia di tutti gli amanti delle VERE GUERRE DEI CLONI!

The Bad Batch 3, la nostra recensione dei primi 3 episodi

Prima di procedere con le recensioni però, siete avvertiti: le recensioni contengono spoiler! Quindi se non avete visto le puntate, correte a vederle.

Davide Triglia

La terza stagione di The Bad Batch, si apre con 3 puntate al primo giorno d’uscita. 

I primi 3 capitoli proseguono la storia da dove ci eravamo lasciati alla fine della seconda stagione, il team completamente diviso nella missione di salvataggio di Omega. A livello narrativo non succede granché poiché appunto sembrano puntate prettamente preparatorie a ciò che accadrà durante questa stagione. 

Lo stile d’animazione non pecca mai, mantiene sempre ottimi livelli senza troppe sbavature. Omega mi ha sorpreso in positivo, mentre negli altri membri del team non ho notato un’ evidente evoluzione, in lei ho visto una crescita non da poco, una consapevolezza di sé stessa degna di un leader, chissà cosa ci riserverà in futuro. Curioso di come continuerà l’avventura dei nostri eroi, che siano giunti a una fine? E quale sarà il ruolo di Assaj Ventress, vista nei trailer, in tutto questo? Dico solo, curiosità!

Rebecca Micol Sergi

Il nostro caro lotto difettoso di laboratorio è tornato per la terza ed ultima stagione!

Le prime tre puntate già forniscono una chiara idea del tono della stagione, che vira verso un taglio molto più drammatico. Una scelta probabilmente dovuta da una narrazione che guarda da vicino i piani di Palpatine – i cloni, il Fattore M – che saranno la colonna portante della timeline successiva di Star Wars.

Per la prima volta possiamo quasi analizzare al vetrino quali saranno le prossime mosse dell’Imperatore, un’introspezione contro la lotta per la speranza e per un bene “archetipico” da parte della Ribellione, a cui siamo stati abituati prima del suo ritorno ne L’Ascesa di Skywalker.

La maturità narrativa segue di pari passo quella dell’animazione, che arriva ad un livello di dettaglio e di realismo che quasi sfidiamo a superare, a questo punto! Dal tremolio delle mani, al dettaglio nei capelli, nella polvere, nei movimenti, quali saranno le prossime sorprese che la divisione animata di Lucasfilm/Disney ci svelerà?

Queste prime tre puntate di The Bad Batch vanno dritte al punto e speriamo non deludano l’aspettativa finale dei fan: l’epilogo dei cloni e un collegamento diretto che chiuda il cerchio della Trilogia Sequel. Teniamoci aggiornati! 

Alessandro Nunziata

Uno dei meriti di George Lucas, oltre ad aver inventato la saga per la quale siamo tutti qui ad impazzire, è stato quello di scovare Dave Filoni il quale, nel corso di quindici anni di lavoro, si è dimostrato la persona più appropriata alla continuazione del progetto di Lucas sia in termini di regia sia in termini di racconto.

Filoni ha dimostrato di avere visione di insieme e conoscenze profonde del mondo e della mente di Lucas donando ai fan serie televisive meravigliose.

Attraverso queste nuove puntate di Bad Batch, Dave Filoni riconferma di saper essere uno showrunner di prim’ordine, capace di maturare e saper indirizzare il tiro, ma andiamo con ordine.

Le prime tre puntate della nuova stagione sono un corpo unico, film sì diviso in tre parti, ma profondamente legato assieme. Ben lontana sia in termini di ritmo che di narrazione dai suoi esordi questa serie, nelle nuove puntate, rappresenta un passaggio definitivo alla maturità cinematografica della serie stessa.

Se gli esordi per l’appunto sono puntate singole che raccontano missioni a se stanti collegate comunque da una trama orizzontale, in queste tre puntate della terza stagione l’unità della trama fa da padrona e le stesse sono ragionate a tutto tondo, non come singole unità.

Trovo pressoché inutile sottolineare l’enorme qualità tecnica dell’animazione, la quale comunque mostra uno sviluppo dei personaggi molto più matura sopratutto se le poniamo in paragone con le puntate di Clone Wars di cui questa serie siritrova ad essere contemporaneamente sequel e spin-off. L’analisi che qui voglio riportare è sopratutto riguardo la regia e la narrazione di queste tre puntate. Ma a cosa mi riferisco quando parlo della maturità di Bad Batch? Una dellecaratteristiche intrinseche delle serie televisiva è il loro essere generalmente fortemente discorsive. Tanti personaggi che parlano, spesso ripresi in piani ravvicinati e senza troppe inquadrature particolari, perché per l’appuntoil medium di fruizione è un televisore e richiede che l’attenzione sia focalizzata in maniera differente rispettoad un medium come il cinema, il quale richiederebbe invece una spettacolarità dei grandi paesaggi e delle grandiemozioni e conseguentemente un linguaggio differente. Questa caratteristica, questo mood televisivo non vienerispettato nelle tre puntate in esame, anzi troviamo una narrazione molto cinematografica sia in termini di tempi delracconto sia in termini di messa in scena.

L’episodio Confined diretto da Saul Ruiz e scritto da Jennifer Corbett ha ritmi lenti e dilatati nel racconto, caratterizzato da lunghi momenti di silenzio. Il ritmo della puntata è scandito dalla ripetitività delle giornate di Omega: il ripetersi di alcune inquadrature, la presenza dell’analisi del sangue fatto come un orologio che scandisce un lento ed inesorabile passaggio di tempo. Ruiz seguendo le lezioni di un cinema hitchcockiano, gioca sulla tensione e su un ritmocostante e

drammatico. Esemplare è la sequenza in cui per la prima volta vediamo Omega percorrere il tratto che va dalla sua camera al laboratorio, la scena inizia dal minuto 5:57 della puntata e la prima parola viene proferita al minuto 6:57. Sessanta secondi di silenzi interrotti dal ritmo dei passi dei soldati. Un tempo interminabile fatto di inquadrature fisse e leggere panoramiche, soprattuto se ragionato sul fatto che rimane un prodotto televisivo di animazione il cui target iniziale era molto giovane.

La regia segue il ritmo di questa narrazione con maturità, un esempio su tutti è lo scambio di battute tra Omega e Crosshair: l’ex Bad Batch chiede alla bambina di essere lasciato indietro, di non mettersi nei guai per lui, ma è una richiesta fatta per proteggere la bambina stessa, in contrasto con un personaggio presentato sin dal minuto uno dellaprima serie come duro e glaciale. Tale momento, che rappresenta una svolta nel personaggio, va enfatizzato al massimo. Una scena che merita più di un semplice primo piano che comunemente viene usato per la televisione. Ruiz inquadra Crosshair dietro una grata a esagoni, mostrandoci solo il volto tagliando mento e fronte perché, se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, è lì che deve concentrarsi il nostro sguardo. Tutto ciò avverrà sempre filtrato dalla gabbia che si pone tra il punto di vista dello spettatore e il personaggio.

Per poter vedere i nostri eroi all’opera dobbiamo aspettare il secondo episodio Paths Unknown in cui passiamo ad un secondo atto del racconto e lasciamo i ritmi e le tempistiche più simili al giallo lasciando spazio ad una puntata dalle tinte horror e d’azione.

In questo episodio, diretto da Nate Villanueva e scritto da Matt Michnovetz, luci e suono, colonna sonora e character design richiamano film horror come La Cosa di Carpenter: stazioni abbandonate, mostri viscidi, informi e tentacolari. Un qualcosa da cui scappare, una battaglia che neanche i Bad Batch possono vincere. Spareranno per pura sopravvivenza mossa dalla paura dell’ignoto e non da un istinto di guerra o per sconfiggere un nemico. Le inquadrature spaziano da citazioni Carpenter fino a Sam Raimi. Qui anche personaggi come Wrecker, fin da subito mostrati comescherzosi, sono privi di sarcasmo, maturati dalla loro rappresentazione iniziale.

E come tutti i film dopo un secondo atto abbiamo il terzo che porta alla risoluzione, ovvero il terzo episodio dal titolo Shadows of Tantiss diretto da Steward Lee e scritto nuovamente da Matt Michnovetz.

Ritorniamo sulla storia Omega/Crosshair e ne vediamo la conclusione: chiudendo questa porzione di racconto come una classica storia circolare in pieno stile cinematografico e ponendo al tempo stesso le basi per tutta le serie. L’azione ridotta la minimo e quella che è presente non è predominante, ampio spazio viene dato al rapporto tra i personaggi, alla loro crescita personale e alle tensioni di trama che derivano da tale rapporto.

Ciò che aveva fatto Filoni nella prima puntata della durata di un’ora della prima stagione qui è stato fatto in tre puntate, ma con ritmi e intenzione totalmente differenti.

Bad Batch ha alzato l’asticella. Filoni e i suoi hanno deciso di darci una Final Season completa e matura, più vicino alle serie live action che alle precedenti serie animate con le quali oramai condivide solo la tecnica di realizzazione, ma ne differisce per il target e di conseguenza per il modo in cui la storia viene raccontata.

Dove andrà a parare Filoni con questa serie non è dato saperlo, ma è sicuro che ha le idee ben chiare non solo su questo lavoro, ma su tutto Star Wars di cui ormai ha preso le redini.

Fabio Pupin

I primi tre episodi della terza e ultima stagione di The Bad Batch sono il prologo della fine di una storia di veterani e del destino a loro riservato (spoiler: la rottamazione, non prima di aver dato letteralmente l’ultima goccia di sangue all’Impero, da brave cavie). Ma è, fin dalla prima stagione, anche la storia delle scelte che i veterani vogliono prendere per sé stessi. È Star Wars, quindi famiglia. La priorità di Hunter e Wrecker è perciò salvare Omega. Quella di Omega è di fuggire dalla prigione e riunirsi ai suoi fratelli, Crosshair incluso. 

Sullo sfondo Filoni e soci continuano a unire puntini, dalla prequel e The Clone Wars fino alla Sequel, passando da The Mandalorian. Il contesto è quello di Mount Tantiss, la base segreta dove sono detenuti Omega e Crosshair e dove gli esperimenti di clonazione imperiali proseguono, dopo la distruzione di Tipoca City. La linea che unisce tutti i puntini è il misterioso Project Necromancer, il cui scopo per i fan diventa sempre meno misterioso: dare un senso a quel “somehow Palpatine returned”. Il somehow passa dall’M-count, la conta della merda dei midichlorian, che deve mantenersi stabile nella clonazione. Staremo a vedere se l’idea più sbagliata che la mente di Lucas abbia mai partorito riuscirà a restituire un minimo di senso alla trilogia più fallimentare di tutto Star Wars. Mi rincuora molto, da questo punto di vista, che l’M-count continui a restare un detto e non detto, permettendomi di sopportarne l’esistenza.

Nel frattempo i toni di The Bad Batch si fanno più cupi, almeno per ora. La routine della prigione, la deumanizzazione, la riduzione delle persone ad ingranaggi, al necessità di compiere delle scelte echeggiano tanto di Andor. C’è tempo per un mostro grosso, ok, ma senza che distragga i protagonisti dalla trama principale.

Se dobbiamo scommettere con in mano queste tre carte la conclusione di The Bad Batch si prospetta degna e soddisfacente. 

Queste erano le nostre opinioni su questi primi 3 episodi di The Bad Batch.

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