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Andor – La recensione Empira degli ultimi 6 episodi

Andor è arrivato al finale, di seguito potete la recensione della redazione di Empira.

Andor, la recensione Empira dei primi sei episodi della serie

ATTENZIONE! LE RECENSIONI CONTENGO SPOILER

Rebecca Micol Sergi

Andor si è concluso… ma allo stesso tempo, è solo l’inizio.

Se la prima metà della serie ha diviso il pubblico, la seconda parte si avvicina sempre di più ai tempi che caratterizzano Star Wars; sembra impossibile non accontentare il pubblico questa volta.

I parallelismi con Rogue One si susseguono, ma dove da un lato imperversa la speranza, dall’altro lato la disperazione che fa da padrone nella prima parte dello show si trasforma nella scintilla che accenderà il fuoco che brucerà l’Impero.

Una comunicazione e un ologramma accomunano la vita di Cassian e quella di Jin, li porteranno a una svolta. Ma allo stesso tempo, sappiamo che anche alla fine di questa serie vedremo solo una parte dell’evoluzione di Cassian, che raggiungerà la sua piena completezza in Rogue One!

Non ci resta che aspettare due anni, ma ce la faremo!? Nell’attesa, The Mandalorian 3 ci consolerà!

Fabio Pupin

Il riassunto di Andor è Uno dei tanti riassunti che si possono fare di una serie così incredibilmente spessa è che mostra quanto costi decidere di combattere davvero quei bastardi. Ribellarsi è quello che chiede Luthen a Cassian all’inizio e passano 12 episodi per arrivare alla stessa richiesta da Marva.

Cassian, e così tutti gli altri co-protagonisti, in questo lasso di tempo devono crescere, prendere
coscienza, farei conti con sé stessi, con le loro relazioni e decidere cosa sacrificare. In una fiaba ci vuole molto poco – chiedete a Luke – ma nella vita qualcosa di più (spoiler: anche Andor ci si
avvicina solo, è pur sempre un prodotto di intrattenimento).

Gli Imperiali, per quanto Andor sia una serie sulla Ribellione sul senso di ribellarsi, hanno un
problema speculare: quanta umanità sono disposti a scambiare per il potere? Nelle fiabe ci sono le streghe cattive e sono cattive perché sì – chiedete all’Imperatore -, in Andor ci sono i maschietti repressi – e le donnine! La Dedra dell’ultimo episodio, bloccata, incapace di empatia anche di fronte al suo salvatore, è a sua volta un ottimo riassunto dell’orrore che si portano dentro, della loro vita di merda -.

Insomma: Andor non è Star Wars. Tralasciando i passi falsi, i momenti imbarazzanti, il nonsense e tutti gli innumerevoli difetti della saga, la forza di Star Wars è sempre stata quella, appunto, delle fiabe, di essere universale, di lasciare spazio all’immaginazione, di parlare a chiunque.

Tralasciando invece il merito di essere solidissima su tutti i fronti – niente passi falsi, niente cringe, niente scoreggine -, Andor affronta tutti i temi che Star Wars ha sempre affrontato – la lotta tra il bene e il male, l’amore, la famiglia, gli ideali eccetera – con una dimensione più impegnativa e più politica. Molto umana, poco sovrannaturale. Quindi: Andor non è per tutti. Coglioni a parte, – chiedete a Manuel per avere una lista, o aprite una qualunque piattaforma social e cominciate a leggere -, è normale, non è né un pregio né un difetto di per sé, né di Andor, né dei suoi estimatori, né dei suoi detrattori.

Da qui al 2024, quando dovrebbe uscire la seconda e ultima stagione, ci sarà tempo di vedere altri prodotti Star Wars e di capire se quella di Andor rimarrà una parentesi o diventerà una ennesima modalità narrativa con cui la saga andrà avanti. A me pare evidente che ci si guadagnerebbe tutti se Andor lasciasse il segno, ma capisco che la lista di Manuel sia bella lunga…

Marco Puglia

Senza ombra di dubbio, almeno secondo il mio pensiero, la migliore serie di Star Wars realizzata fino a oggi (si, anche di Mandalorian) e una delle migliori serie televisive in generale. Andor conferma, dopo gli ultimi sei episodi, un livello di produzione altissimo sotto tutti gli aspetti e in particolare per quanto riguarda la scrittura.

Sempre attenta ai particolari e alla coerenza della storia, capace di dare spessore ai vari personaggi, a volte anche solo con una semplice azione, un singolo dialogo o addirittura uno sguardo. Una sceneggiatura che mette in evidenza i due lati della barricata che non risparmiano nulla per raggiungere il proprio scopo.

Siamo sempre stati abituati a distinguere nettamente il bene dal male nei prodotti cinematografici di Star Wars. In Andor, invece, i buoni sono considerati tali solo perché combattono contro un potere spietato e senza scrupoli che mira a sottomettere i popoli di tutta la galassia, ma sono costretti loro stessi a usare i metodi dei loro nemici, come dice lo stesso Luthen in un bellissimo monologo alla fine del decimo episodio, perché è l’unico modo per liberare l’universo dall’oppressore.

In questi sei capitoli entrambe le fazioni salgono prepotentemente alla ribalta grazie ai protagonisti di entrambe le parti. L’impero, inizialmente lasciato sullo sfondo, cambia passo e inasprisce il suo operato con azioni crudeli e terribili: come su Narkina 5, il penitenziario dove viene imprigionato Cassian, in cui tutto sembra ricordare i lager nazisti, oppure nell’interrogatorio di Bix da parte di Dedra Meero e del dottor Gorst che mostrano un sadismo davvero disturbante.

Ma anche i ribelli sono disposti a tutto, a sacrificare non solo loro stessi, ma anche alcune delle pedine disposte nella grande scacchiera della guerra che si va delineando: mentre Cassian cerca di sopravvivere nella prigione e trovare un modo per fuggire, Luthen provoca Saw Guerrera con il sacrificio di Kreegyr e Mon Mothma è costretta a scendere a compromessi che le ricordano il suo triste passato.

La contrapposizione tra impero e ribellione ci riporta, in maniera molto evidente, alla nostra storia passata, soprattutto il periodo della seconda guerra mondiale. Le parole usate nei dialoghi, sia nella versione in lingua originale, che, a volte con molta più incisività, nell’adattamento in italiano, sono riferimenti espliciti. Termini come “partigiani”, oppure il grido “ribellatevi”, sembrano letteralmente usciti dai racconti dei nostri nonni.

La regia, la fotografia, le musiche, le scenografie, le interpretazioni degli attori e tutti gli altri comparti di questa produzione, accompagnano la narrazione creando un racconto corale che ci appassiona e ci tiene incollati davanti allo schermo, senza mai risultare noioso.

Tra i tanti aspetti che ho apprezzato, uno che mi ha colpito in modo particolare è la quantità e l’intensità dei monologhi. Non ne ricordo molti nei prodotti Star Wars e sicuramente non così frequenti e di questa potenza. Ogni volta colpiscono pesantemente allo stomaco e si percepisce la rabbia, la tristezza e la sofferenza nelle parole pronunciate. Non siamo di fronte a parole buttate lì per compiacere lo spettatore, ma a concetti che ti entrano dentro, in profondità: il già citato monologo di Luthen sul sacrificio, quello di Kino per incoraggiare i detenuti a sollevarsi contri i propri carcerieri, quello di Marva per incitare gli abitanti di Ferrix alla ribellione, il manifesto di Nemik e anche le parole riferite a Cassian da Brasso, sono tutti testi da incorniciare e leggere più e più volte.

Sento di dover ringraziare questa serie per avermi regalato un bellissimo viaggio, tra fantasia e realtà, tra dolore e consapevolezza, tra sacrificio e speranza.

Il mio unico cruccio è che si tratti di un unicum nel panorama delle produzioni di Star Wars, un progetto che ha trovato l’apprezzamento di una parte degli appassionati, ma che potrebbe rimanere isolato perché troppo serio, adulto e lontano dai classici canoni di Guerre Stellari con i Jedi, i Sith, la forza e le spade laser. Sperare però… non costa nulla.

Voto finale: 9

Manuel Bettuzzi

Letteralmente non so da dove partire. Dai monologhi? Dalle musiche? Dalla regia? Dalle performance attoriali? Dai dettagli?

Non lo so, giuro.
Come avevo detto nella scorsa recensione, Andor è una serie ben lontana dalla mia personale “comfort zone starwarsiana” eppure mi ha soddisfatto come pochi altri prodotti legati a questa saga sono riusciti a fare.

Non ci sono camei incredibili, non ci sono eroi, non ci sono spade laser, ci sono solo persone “normali” che si trovano in situazioni difficili e fanno tutto quello che è nelle loro potenzialità per uscire da questa situazione. Questa cosa funziona incredibilmente bene. In un mondo di gente in armatura, cavalieri che fanno fluttuare navi e si sfidano in duelli esasperati con spade, avere un personaggio che non sa nuotare è coraggioso; forse anche rischioso se vogliamo vederla da un punto di vista del grande pubblico, ma d’altro cosa ci si può aspettare da una serie simile? Schierata apertamente politicamente, con rimandi diretti all’oppressione e a fatti accaduti nella nostra galassia, uno show che prende a sassate donne, uccide bambini e mostra la crudeltà di una tirannia anche troppo realistica.

Andor è quella serie che regala a Star Wars 5 tra i più bei monologhi che io abbia mai sentito, interpretati tutti quanti da attori incredibili che resteranno per sempre nella storia di questo fandom e non solo. Queste serie non sono per tutti, me ne rendo conto. Non sono serie in cui si può dire: “ora mi siedo e stacco la testa per rilassarmi”. Ti appesantiscono, ti fanno pensare, ti fanno piangere e ti fanno capire che in una Galassia lontana lontana, non è poi così diverso che dalla nostra. Non c’è un lieto fine, non c’è un vincitore, solo tanto dolore e tanti nomi che verranno riportati su una lapide pesantissima che si chiama GUERRA.
Le ideologie di questa serie sono incredibili, sono potenti e penetrano nello spettatore fino all’esplosione finale dove è impossibile dire “beh il cattivo però un po’ aveva ragione”. Qui il cattivo è l’Impero, è l’oppressione, la violenza psicologica che una dittatura esercita sull’intera galassia, senza che molti se ne rendano nemmeno conto. Qui gli eroi sono assassini, sono ladri, sono personaggi “sporchi” le cui azioni sono uguali a quelle del nemico, ma con una finalità totalmente diversa.

Il tutto arricchito da dettagli incredibili, una regia magistrale che riesce sempre a raccontare e a far vivere allo spettatore la situazione. Una scrittura ricca, profonda, che si prende i propri tempi a discapito dei ritmi moderni a cui siamo abituati e che riesce a farci amare o ad odiare personaggi in pochi minuti.
Un senso di pienezza, di soddisfazione che continua a non finire dopo aver visto questo piccolo capolavoro che è Andor.

Non c’è altro da dire signori, tutti in piedi, applausi e ringraziamo per quello che abbiamo avuto. Probabilmente in futuro non saremo così fortunati.

Roby Rani

Andor è un prodotto ineccepibile.
Scritto e diretto in modo ineccepibile.
Recitato in modo superlativo.
Tutti i reparti produttivi hanno lavorato nel migliore dei modi, senza farsi prendere dal compromesso o dalle regole non scritte che questa saga era convinta di dover seguire.
È un prodotto anomalo che fa sembrare leggero un film come Rogue One.
È un prodotto senza mattattori mangia soldi, sempre che non vi siate accorti dell’immensità del droide B2EMO.
È un prodotto che non butta via un secondo di storia, anzi, si prende ogni momento per raccontarne ogni espressione ed emozione possibile.
Andor scava dentro e dietro Rogue One e a tutta la mitologia bellica che in questi 45 anni ci ha fatto compagnia tra una spada laser e un casco da Mandaloriano.
Queste 12 puntate riescono a fare quello che Cobra Kai sta facendo con la saga di Karate Kid. “Approfondisce” e da sostanza ad un prodotto di diversi decenni fa.
Lo spietato Impero Galattico, che abbiamo conosciuto fino ad ora, è sempre stato un co-protagonista della saga. Un personaggio fondamentale di cui sapevamo lo stretto necessario, e sia chiaro, ha sempre funzionato bene.
Ecco, ora però, quello stretto necessario si è allargato e ci viene mostrato l’Impero per quello che realmente è, e non è narrativamente piacevole… Per niente.
L’Impero Galattico non perdona, non sbaglia un colpo. ma quando accade ne conosciamo il motivo, sono tronfi, boriosi imperiali convinti della loro supremazia.
Da spettatori veniamo trasportati da una pulsione all’altra, trovandoci diverse volte in difficoltà sul dove piazzarci moralmente.
Syril e Dedra, sono scappatelle che ci concediamo. La loro frustrazione e i loro obiettivi sono anche i nostri, almeno per qualche momento. Così come le sacche nascenti di ribellione che hanno più che vedere con il terrorismo che con “i buoni per cui tenere” a cui siamo generalmente abituati.
Ed è proprio questo ad elevare il simbolismo della crescente ribellione che non guarda in faccia a nessuno. La vita e la morte sono mezzi per schiacciare l’oppressione e no, non è piacevole nemmeno questo.

Difficile credere che da adesso in poi le cose cambieranno qualitativamente in Lucasfilm, non ci credo molto, ma sono convinto che se si applicasse un buon 10% di questa maestria ad altri prodotti Star Wars… scusate: A TUTTI I PRODOTTI STAR WARS, allora saremo finalmente soddisfatti…

Concludo con la solita e doverosa precisazione: Andor non è una serie perfetta, ma, sul piatto della bilancia, il peso di quello che funziona è decisamente più alto di quello che non funziona, e di un bel po’.

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