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The Acolyte – La multirecensione della seconda metà della serie (ep. 5/8)

La recensione cumulativa degli ultimi quattro episodi di The Acolyte, la nuova serie in live action targata Star Wars. A cura della redazione di EmpiRa

The Acolyte – La recensione cumulativa della seconda metà della stagione (episodi 5 / 8) a cura della redazione di EmpiRa

Vi ricordiamo che, se non avete ancora visto le puntate, le recensioni possono contenere spoiler!

The Acolyte – La furia di Jecki contro Lo Straniero

Manuel Bettuzzi

È davvero molto complesso per me parlare di questa serie, a differenza delle altre, The Acolyte sembra avere un’impronta – nel bene e nel male –  completamente diversa dalle sue sorelle.

Come detto nella scorsa recensione, questa serie è protetta da un plot davvero forte, intendo e ricco di eventi; dall’altro invece il suo punto debole è proprio la narrazione, i tempi stretti delle puntate e il modo in cui è diretta. Sono due elementi estremamente legati che, a rigore di logica, dovrebbero andare a braccetto, ma non in The Acolyte.

Queste ultime puntate, proprio come le prime, non mancano di lasciare l’amaro in bocca in diverse occasioni, mentre in altre la bocca la aprono totalmente facendo toccare a terra la mascella. Una serie davvero molto, molto particolare che non riesco però a valutare oltre la sufficienza. Trovo abbastanza inutile continuare a soffermarsi sul “ma perché non fanno” – “ma perché non scrivono” – “ma perché…”, probabilmente questo è il nuovo modo di lavoro di Lucasfilm sui suoi prodotti e volenti o meno, questo ci tocca.

La serie ha i duelli più belli dell’intera saga (parere personale), durante questi duelli io ero a bocca aperta per le incredibili coreografie, mosse e movimenti dei personaggi. Duelli violenti anche, che non hanno risparmiato praticamente nessuno. I personaggi d’altro canto, sono carismatici, forti e ben riportati su schermo. In alcuni casi è davvero difficile riuscire a legare con alcuni di loro per via di una scrittura troppo frettolosa o per il poco tempo che gli viene concesso su schermo… ma di fatto, questa serie continua a farsi vanto di non avere per nulla il plot armor.

Le cose che non funzionano sono davvero TANTISSIME, non vale nemmeno la pena di fare l’elenco. Sono i soliti e fin troppo ripetuti problemi che affliggono molte altre serie Star Wars. In particolare credo abbiamo un grande impatto nel settimo episodio. Questo episodio ha colpito forte, mostrando davvero la pochezza che c’è dietro a questa serie. Dialoghi insensati, eventi insensati, fretta, decisioni al limite dell’assurdo – insomma, un vero e proprio caporetto per chiunque ami la bella narrazione.

The Acolyte esce dalla porta principale lasciando aperti punti fondamentali per la storia, ma chiudendo comunque tutti i cerchi che aveva aperto nella prima. Sfido chiunque a non sognare in una seconda stagione, sperando, come sempre, che Lucasfilm possa imparare dai propri errori e finalmente regalare al pubblico un prodotto di serie A, senza la necessità che fan di manica larga (come me) difendano l’indifendibile.

Commento finale? Bene, ma non benissimo.

Rebecca Micol Sergi

Anche The Acolyte, nuova serie TV targata Star Wars, è giunta al termine. Tanta attesa già dallo scorso anno, conclusasi con un’ottava puntata che lascia (ben?) sperare una seconda stagione.

La serie è arrivata in un momento piuttosto complicato della Galassia lontana, lontana in casa Disney, dove i fan (che non hanno mai brillato per perdono e pazienza) sono più divisi che mai.

Da un lato resta il tallone duro di chi spera ancora in prodotti che smuovano l’universo oltre idee già conosciute, attingendo anche a diversa lore Legends lasciata incompiuta, mentre dall’altro lato c’è chi – per giusti e sacrosanti personali motivi – non riesce più a digerire prodotti “nella media”, che non sanno né di caldo né di freddo.

Al suo giro di boa, The Acolyte è riuscita nell’impresa di dare ragione ad entrambe le fazioni! Da un lato lo splendore di Coruscant, il ritorno delle spade laser, combattimenti impeccabili che non lasciano spazio all’immaginazione, anche per crudeltà ed epiloghi inaspettati per i fan e per quei personaggi che sono stati, sin dalla prima puntata, un colpo sicuro per l’audience. E ancora un villain tenace, motivazioni coerenti, spiegazioni che approfondiscono la suddetta lore e la presentazione di un villain di prima categoria, nientepopodimeno che Darth Plagueis!

The Acolyte – Darth Plaguies

E allora perché The Acolyte è l’ennesimo prodotto che non c’entra le aspettative? I difetti strettamente tecnici, che smorzano parecchio il climax che si costruisce nel pubblico, sono evidentissimi: montaggio e dialoghi sono rimasti costanti nella loro ingenuità e nel loro ritmo estremamente altalenante.

Andando ad un livello successivo, invece, si ha nuovamente la sensazione che Disney viaggi prudentemente – dopo quasi 10 anni più 30 precedentemente costruiti – come una Ferrari tirata col freno a mano. Tanti credono che Dave Filoni non supervisioni molti prodotti, mentre è sempre dietro a tutto. Perché lui, fan di Star Wars incallito che ce l’ha fatta, non propone qualcosa di diverso? Perché non stanno ascoltando i fan accaniti con storie che sarebbero presentabilissime anche ai novizi?

Quali sono le reali motivazioni che li spingono a non andare oltre?

In tutto questo, badate bene, vi parla una persona che ha apprezzato The Acolyte più di molti altri prodotti; ma la sensazione è che ci sia qualcosa che non ci dicano. Ma cosa?

Ora si punta tutto su Lego Star Wars Rebuild The Galaxy!

Marco Puglia

Giunti al termine di The Acolyte, oltre ad analizzare gli ultimi quattro episodi, possiamo anche spingerci a dare un parere al progetto nel suo complesso, almeno per come ci è stato raccontato in questa prima stagione.

Il quinto episodio ci catapulta nello scontro tra lo straniero e il gruppo di Jedi che cadono, uno a uno, sopraffatti da questa figura che non solo si scoprirà essere Qimir, ma anche che ha intrapreso una strada che lui stesso definisce in grado di fargli esprimere il suo potere senza i vincoli dei Jedi. Afferma che lo chiamerebbero Sith, ma non è dato sapere esattamente chi sia nella realtà. Un episodio interessante, soprattutto per le coreografie dei combattimenti e per la conoscenza di un materiale, il Cortosis, che per la prima volta viene presentato sullo schermo, con la sua peculiare caratteristica di mettere temporaneamente fuori uso le spade laser.

The Acolyte – Lo Straniero

Il sesto episodio ci racconta, invece, i tormenti di alcuni personaggi: Sol si trova di fronte la gemella che aveva creduto morta che gli porta di nuovo alla mente gli errori del passato, Qimir che racconta all’altra gemella di aver perso tutto dopo il tradimento del suo maestro e afferma di essere stato un Jedi e di conoscerne le debolezze, entrambe le gemelle che si rendono conto non essere quello che credono e che sono e costrette ad affrontare il loro passato. La narrazione, seppur ancora deficitaria, viene aiutata dalla regia che si sofferma spesso sui volti dei personaggi, portando alla luce i loro sentimenti e cercando di farci entrare in sintonia coi loro pensieri.

Poi arriva il tracollo, un settimo episodio che riesce a inanellare errori su errori. Un lungo flashback che avrebbe il compito di spiegarci quello che è successo a Brendock 16 anni prima, spostando il punto di vista del racconto già avvenuto nel terzo capitolo. La situazione assurda più eclatante è rappresentata dalle azioni di Torbin, personaggio narrato in modo molto confusionario che innesca la serie di eventi che dovrebbero giustificare tutta la trama della serie. Ma non è l’unico elemento disturbante di questi quaranta minuti scarsi, tutta la narrazione è deficitaria e non scorre su binari coerenti. Per una fan di Star Wars non è stata una bella esperienza e personalmente ci sono rimasto molto male.

Per fortuna arriva l’ultimo episodio a risollevare le sorti di The Acolyte. Un capitolo che mette insieme i pezzi del puzzle, cerca di dargli un senso e li ricompone per cercare di spiegare allo spettatore il significato di quel quadro. Intendiamoci, il modo di raccontare è tornato a essere solo poco più che sufficiente, ma la regia (la stessa del sesto episodio) ha cercato di mettere in scena nel modo migliore possibile una narrazione che fin dall’inizio non ha mai spiccato come il miglior pregio della serie.

Diverse scene hanno catturato il mio interesse e la mia attenzione, dallo scontro tra Qimir e Sol con vibes da “Foresta dei pugnali volanti”, fino al cameo finale di Yoda, passando per l’apparizione di Darth Plagueis (che il pubblico ormai aspettava da diversi episodi) e dalla scena che ha mio parere è la migliore di tutto l’episodio e di tutta la serie: il sanguinamento del cristallo Kyber e la conseguente colorazione rossa della spada laser che impugna Osha quando si abbandona al lato oscuro.

The Acolyte – Yoda

Il dettaglio del momento in cui la pelle entra in contatto con il cristallo e il colore blu si tinge di rosso, è stato di una potenza incredibile. La gemella che aveva, per un certo periodo, abbracciato il culto dei Jedi, viene avvolta dal dolore e dalla rabbia, completando il passaggio che inconsapevolmente, forse, era sempre stata destinata a fare.

Diversi elementi nell’ultimo episodio possono far pensare che una seconda stagione è possibile e in effetti potrebbe avere senso per chiudere il cerchio, ma che ancora non sappiamo se vedrà mai la luce.

In generale, il progetto The Acolyte, rappresenta, per certi versi, una ventata di aria fresca nel panorama di Star Wars, un modo per farci conoscere un periodo molto interessante che fino a questo momento era stato descritto solo in libri e fumetti. Una grande opportunità, il migliore pregio di questa serie, che però è stata vanificata da una sceneggiatura povera, frettolosa e da una regia che troppo spesso non è stata all’altezza (a parte i picchi positivi del sesto e dell’ottavo episodio).

Attorno a questa serie si è anche parlato tanto, la stessa show runner non mancava mai di puntualizzare, spiegare e rispondere alle critiche, ma preferisco mettere in secondo piano tutto questo e concentrare la mia attenzione sul prodotto che purtroppo non ha soddisfatto a pieno le mie aspettative.

Non è la peggior serie di Star Wars uscita dal 2019 a oggi, ma sicuramente si piazza nella parte bassa della mia classifica personale, guadagnandosi solamente poco più della sufficienza.

Voto finale: 6,5

Fabio Pupin

The Acolyte finisce così, con un ultimo tentativo di riprendere il controllo di un treno ormai deragliato. Non si può dire che non ce l’abbiamo messa tutta. Non si può dire che non siamo partiti pieni di buona volontà, con le maniche più larghe di quelle del vecchio Ben. Perché le premesse peraltro erano da sbrodolarsi. Finalmente un’epoca di fatto inesplorata, finalmente tutto nuovo e luccicante. Gli ingredienti c’erano tutti. Anche sulla carta. Il mistero, le gemelle, le streghe, la vergenza, gli Jedi mafiosi, Lo Straniero bello e tenebroso. Ma nonsense dopo nonsense piano piano siamo caduti tutti. Pare di vedere il meme del tizio in bicicletta che si mette da solo un bastone nella ruota. Ci siamo illusi che il vero volgere degli eventi fosse avvolto nel mistero, ci hanno stuzzicato con mirabolanti spiegazioni, ci siamo immaginati sconvolgenti plottoni twistoni perché erano l’unica possibilità di dare un senso a ciò che nel corso di questi troppo frettolosi otto episodi abbiamo visto. Invece le spiegazioni e le relative motivazioni sono pure peggio. Caro Torbin, anche noi vogliamo tornare a casa.

The Acolyte ha però un pregio e un primato. Il pregio è che forse è servita davvero a levarci dalle palle almeno un certo numero di maschietti repressi. The Acolyte: Una nuova speranza, per questi tempi idioti.

Il primato è invece quello di prodotto più povero di momenti memorabili di tutta la saga. Provate a pensarci. Se qualcuno vi nomina un qualunque prodotto Star Wars, immediatamente vi scorreranno davanti agli occhi scene, situazioni, frasi, personaggi che hanno segnato la vostra passione. Ci sono perfino nella Trilogia Sequel, magari poche per qualcuno, ma ci sono. Ce ne sono tantissime in The Book of Boba Fett. Quelle congiunture di quasi-perfezione con le quali potete dire “ecco, questo è il motivo per cui amo Star Wars!”. Può essere un tramonto binario, un duello Obi-Wan VS Vader, un N-1 che accende l’assimilatore di potenza turbonico venturi. Può essere quel badass di Windu. È quasi certamente Luke che arriva a prelevare Grogu. È di sicuro Darth Vader, è di sicuro la marcia imperiale che fischiettate andando al lavoro.

L’elenco è infinito. La maggior parte di questi momenti memorabili sono condivisi da tutti i fan, poi ognuno li dispone secondo il proprio ordine nel cuore. Ecco, ora provate a immaginarvi tra un anno, o due, o cinque. Vi dicono “The Acolyte”. Cosa vi resterà di “Ecco, questo è Star Wars!”? Cosa avrete amato di questa serie? Perché sì, di momenti visivamente carini ce ne sono – leggete QUI – ma c’è qualcosa che possa ritagliarsi un po’ di spazio tra una Tantive inseguita dallo Star Destroyer e uno Jacen sulla scogliera che percepisce le lightsaber tra le onde – solo per citare il primissimo e l’ultimo momento memorabile che mi vengono in mente -? Forse giusto Lo Straniero che tira testate agli Jedi, a voler essere generosi. Ma è un po’ poco. Troppo poco.

The Acolyte – Inseguimento nel sistema di Brendok

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